La letteratura si trova spesso sospesa tra istanze contraddittorie, in bilico su un confine che è limite ma anche soglia, impossibilità e promessa insieme. Forse per questo conta schiere di scrittori costantemente in transito tra culture differenti – da Italo Svevo a Zadie Smith, passando per Karen Blixen e Bruce Chatwin – oltre a innumerevoli teorici impegnati a descrivere la narrazione stessa come un viaggio.
Un libro può servire anche a tracciare i confini della propria identità, come nel caso del poeta Heinrich Heine – nato in Germania ma appartenente al popolo della diaspora – che scriveva “la mia patria è la Bibbia”.
Secondo Ali Smith, poi, la narrazione ruota per sua natura intorno all’accoglienza, mentre i confini tornano utili solo al potere materiale, che ha sempre a che fare con l’esclusività. “Quando si narra una storia il potere viene dall’inclusione.
Ė per questo che abbiamo bisogno delle storie più che mai, perché ci ricordino di aprirci, di dare e ricevere, di saper fare entrambe le cose in un mondo sempre più materiale e circoscritto da confini”. (Qui la versione integrale della nostra intervista di due anni fa, che ha ispirato il titolo e il tema di questa riflessione).
Il dibattito dell’edizione 2019 di Strega OFF s’interroga sulla capacità della letteratura di rispondere a questa esigenza, di offrirsi ai lettori come “il viaggio di chi non può prendere un treno”, ma anche come la patria di chi non può fare a meno di viaggiare.
In questo senso, vogliamo esplorare le narrazioni dell’accoglienza e dell’alterità, le storie di migrazione e di approdi, e porre al centro del dibattito una domanda quanto mai urgente:
la letteratura riesce ancora a essere un porto aperto?
Ci aiuteranno a rispondere Helena Janeczek, Elly Schlein, Eva Giovannini, Francesca Mannocchi, Giulio Cavalli e Ingy Muubiayi, con John Vignola nel ruolo di moderatore.
Strega OFF/ 3 luglio/ 18:30/ Giardino di Monk